an oil painting showing two nude women, one holding the other while the other's hands sprout laurel leaves.
Storia

Donne trasformate nelle Metamorfosi di Ovidio

Donne trasformate dall'avidità degli uomini nelle Metamorfosi di Ovidio

di
Maria Teresa Natale (si apre in una nuova finestra) (Michael Culture Association / Museu)

Il tema della bramosia di dèi o uomini nei confronti della donna ricorre molto spesso nelle Metamorfosi ovidiane. Il famoso libro di Ovidio si concentra, come suggerisce il nome, sulla metamorfosi di persone, animali e dei nella mitologia greca. Spesso, le donne sono quelle che cambiano come risultato del tentativo di sfuggire al corteggiamento degli dei o all'ira delle mogli di quegli dei. Leggi di più sulle Metamorfosi di Ovidio nel nostro primo blog sull'argomento.

Apollo e Dafne

Nel primo libro (I, 452-567) Ovidio narra di Apollo che, a causa di una vendetta di Eros, viene colpito da quest’ultimo con una freccia d’oro che lo fa invaghire della ninfa Dafne, seguace di Diana. La fanciulla, trafitta invece da un dardo di piombo, rifiuta l’amore del Dio e prega suo padre Peneo, divinità fluviale, di farle cambiare sembianze. Momento culminante del racconto è la metamorfosi di Dafne in albero di alloro.

Alfeo e Aretusa

Alfeo, divinità del fiume, venne invece attratto dalla bellezza della ninfa Aretusa (V, 572-641) che un giorno, dopo una lunga corsa nei boschi, decise di rinfrescarsi nelle acque di un torrente dalle acque trasparenti. Ma ecco che dalla profondità dei gorghi giunge un suono indistinto che la terrorizza e la fa balzare sulla sponda del fiume. È il dio che, attratto dalla sua bellezza e dalla sua nudità, la insegue per unirsi a lei. Disperata, la ninfa chiama in aiuto Artemide, dea della caccia la quale la avvolge in una nuvola e con un soffio possente la spinge in direzione della Sicilia. Giunta nei pressi di Ortigia, Aretusa si tramuta in una sorgente d’acqua dolce, divenendo uno dei simboli della resistenza femminile alla violenza maschile.

Tereo e Filomela

Un’altra storia di terribile violenza è quella sofferta dalla povera Filomela. Procne (VI, 424-570), figlia di Pandione re di Atene, sposò Tereo, re di Tracia, ma le nozze vennero celebrate sotto il segno del malaugurio: un gufo, inviato dalle Erinni, si appollaiò sopra il talamo nuziale. La sposina aveva nostalgia della sorella Filomela e pregò il marito di andare a prenderla ad Atene. Quando la vide, Tereo si innamorò all’istante della splendida, elegante e raffinata cognata e, preso da un incontenibile passione, convinse il suocero a farla partire. Giunto nella sua terra rinchiuse la cognata in una stalla e la violentò brutalmente. La giovane, oltraggiata e distrutta nello spirito, invocò gli dei affinché punissero l’empio sopruso. Tereo, temendo l’ira divina, afferrò la fanciulla e le mozzò la lingua con una tenaglia affinché la sua bocca non potesse raccontare il misfatto.

Filomela, impossibilitata a parlare, iniziò a tessere una tela, intessendo tra i fili lettere purpuree che denunciavano il delitto. Quando Procne ricevette la tela, vi lesse il doloroso racconto e si concentrò sul progetto della punizione da infliggere al marito colpevole.